Cara
Antonella, puoi parlarci di come è iniziata la tua avventura? Qual è stato il
primo impatto con la Cina?
Ci siamo trasferiti nel 2011 e abbiamo seguito
il lavoro di mio marito che ha avuto una proposta per la Cina. Era la prima
volta che la nostra famiglia andava a vivere all'estero, in Cina poi, un paese
considerato molto diverso dall'Europa. Non sapevamo bene cosa aspettarci,
quindi siamo arrivati cercando di prepararci al meglio. Ho fatto un sacco di
ricerche in internet, ho contattato già prima blogger donne che vivevano già
lì.
Quando siamo arrivati, tutto sommato l'impatto è stato positivo perché in
realtà la Cina dove siamo andati noi a vivere (Suzhou, n.d.r.) è una Cina molto moderna con palazzoni
di cemento, una Cina ordinata dove funzionano anche i servizi. Poi è una città
grande, ci sono negozi dove si può comprare la pasta, la salsa, quindi tutto
sommato un impatto non così drammatico come mi sarei aspettata.
La prima cosa che ho cercato di fare, siccome
mio marito viaggia molto per lavoro, è stata crearmi subito una rete di amicizie. Avevo contattato già una
signora tramite il suo blog, una signora italiana. Questa signora poi mi ha
presentato altri italiani, quindi è stato il mio collegamento con la comunità
locale degli italiani che mi ha permesso di formarmi anche le mie amicizie. E
poi tramite la scuola dei bimbi, che è stata utile per iniziare subito a
tessere una rete di relazioni con le altre mamme. Principalmente perché,
essendo il marito spesso via per lavoro e lontani dalla famiglia d'origine, hai
bisogno di sentirti supportata da amicizie e da qualcuno. Il primo pensiero è "se mi succede qualcosa di notte, chi
chiamo?"
Che
impressioni e idee ti eri fatta prima del trasferimento?
Io avevo contattato questa signora, Donatella,
che viveva in Cina e ha un blog ancora attivo anche se lei non è più in Cina, e
che in Italia abita nella mia stessa regione. Lei era addirittura venuta prima
che mi trasferissi a trovarmi e mi ha raccontato un po' com'è la vita in Cina,
mi ha rassicurato un po'.
Quattro anni fa c'erano molte più famiglie
italiane e ho scelto proprio di andare a vivere in un compound molto popolato
dove ho trovato anche vicine di casa italiane. È stato un bene, perché pian
pianino cerchi di farti delle amicizie con stranieri, ma avere una prima rete di contatti con connazionali
è importante.
Poi c'è chi li evita come la peste perché
magari preferisce un'esperienza più immersa nella cultura cinese. C'è chi dice
"ho la fortuna di vivere all'estero, non voglio frequentare italiani che
potrei frequentare anche in Italia". Per quanto riguarda me, mi piace frequentare tutti, fare
amicizia con gli stranieri e arricchire anche il bagaglio culturale della
famiglia, ma anche avere amici italiani fa piacere.
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I canali di Suzhou |
All’inizio
della tua esperienza in Cina, qual è stata la sfida più grande a livello
pratico?
A livello pratico, essendo andati a lavorare
con una ditta che non aveva una grossa esperienza di espatriati, abbiamo dovuto
arrangiarci un po' con tutto. Era la prima volta e dovevamo un po', sia
l'azienda che noi, capire come funzionava. Abbiamo
dovuto fare i visti, l'assicurazione sanitaria. Queste cose burocratiche
sono state faticose perché arrivi in un paese dove non sai come funziona e
anche piuttosto burocratico, quindi per i visti e le cose ci sono tante carte
da fare.
Non avendo il supporto di un ufficio già
presente, questa è stata una grossa sfida che ci ha fatto venire un po' di
capelli bianchi. Arrivare all'ultimo giorno di tempo per i visti non è stato
piacevole. Iniziare tutte queste cose burocratiche da soli ci ha dato una
grossissima esperienza, però all'inizio è stato faticoso a livello emotivo più
che pratico. La paura di sbagliare
qualcosa e di non riuscire a fare le carte giuste, questa è stata la cosa
più faticosa.
Sul tuo
blog parli di come l’espatrio ti ha aiutato a seguire di nuovo i tuoi sogni.
Pensi che lo sradicamento geografico sia importante a volte per reinventarsi?
Questa è una domanda interessante, perché
implica molteplici risposte. Per me l'espatrio è stato importante, per vari
motivi: in Italia facevo la contabile, non era il lavoro della mia vita, però
era il mio lavoro, e quindi facevo quello. Le
passioni venivano relegate nei pochi minuti liberi e spesso abbandonate.
Per trasferirmi in Cina ho lasciato il mio lavoro, e in Cina per una moglie che
accompagna il marito non è facilissimo trovare un'altra occupazione,
soprattutto di livello medio, come contabile, impiegata, perché assumono
principalmente cinesi per questi ruoli.
Quindi io ho colto l'opportunità di questo
tempo libero per cercare di produrre qualcosa di pratico da questa passione
dello scrivere. È stato importante per me allontanarmi dal tran tran e da
problemi che potevano esserci in Italia. La
lontananza per me è stata curativa per la creatività, ritrovarsi in un
ambiente così nuovo, dove ogni giorno è una sfida, una scoperta, dove ogni
giorno bisogna fare qualcosa di spaventoso perché anche chiedere un'indicazione
in cinese può risultare terrorizzante.
Uscire ogni giorno dalla zona di comfort ti dà
ogni giorno più forza, quindi cominci a credere di più anche nei tuoi sogni e a
dire "ci provo, al limite va male,
non succede niente". Da questo punto di vista andare all'estero aiuta,
perché ti mette di fronte a determinate sfide che devi superare. Dall'altro
punto di vista è vero anche che se uno non sta bene con se stesso, non sta bene
con se stesso da nessuna parte.
Bisogna capire
se è una voglia di scappare o una voglia di fare qualcosa di nuovo: se è voglia di
scappare, può darsi che i problemi ti seguano anche all'estero, se invece è una
questione anche pratica, per chi magari ha un lavoro che in Italia non ha
sbocchi, da quel punto di vista può essere molto utile.
Com’è
nato il tuo libro? Le storie vengono da esperienze personali o di persone che
conosci?
Il libro era sempre un'idea fissa, anche prima:
una volta in Cina con il tempo libero e con tutto questo bagaglio di materiale
a disposizione, ho detto "o lo
faccio adesso o non lo faccio più". Mi sono messa a creare personaggi
inventati che mi permettevano di spaziare con la fantasia e creare intrecci
diversi dalla vita quotidiana vissuta da me o da altre expats, però c'è dentro
anche tanto dell'esperienza mia, dell'esperienza di altre.
Ci sono esperienze che tutte coloro che vivono
in Cina come espatriate possono provare, come l'arrivare all'aeroporto di
Pudong la prima volta che è immenso e ritrovarsi spiazzati da tutta questa
folla e dai caratteri cinesi, non capire niente. C'è tanta tanta realtà nel
libro, è un po' rimescolata ad arte in modo da creare qualcosa di nuovo, però
sicuramente la base è reale.
Infatti dico sempre, io non ho fatto che mettermi alla finestra e descrivere quello che
vedevo. Da quel punto di vista è stato facile scrivere il libro, perché
avevo tutto il materiale già lì, non dovevo inventarmi niente di speciale. Ho
dovuto solo creare magari un po' di intreccio, ma per quanto riguarda
l'ambientazione, era già tutta pronta.
Uno dei
temi principali di Prezzemolo e Cilantro è la differenza culturale e la
difficoltà dei contatti tra expats e cinesi. Com’è stata la tua esperienza in
merito?
L'esperienza delle famiglie italiane che
arrivano con bambini che vanno nelle scuole internazionali è che la possibilità di incontrare famiglie
cinesi è meno facile. Dal mio punto di vista non è facile entrare in
contatto e fare amicizia con le persone del posto. Anche parlando con altri
espatriati, non è facilissimo. Come si può leggere nel libro, magari è più
facile per chi arriva da solo, giovane, e si cala più nella vita cinese; allora
forse è più facile fare amicizia con i cinesi e vivere la vita più genuina del
posto.
Per quanto riguarda le famiglie già composte,
alle volte si forma un po' quella che viene chiamata la "bolla expat": una comunità a sé stante di italiani,
americani, spagnoli o quello che sono, che si trovano tra loro, fanno le stesse
cose che farebbero in madrepatria e hanno pochissimi contatti non solo con i
cinesi, ma anche con gli espatriati di altre nazioni. Purtroppo questo succede.
Bisogna fare un piccolo sforzo per uscire, perché alla fine è comodo ritrovarsi
solo con italiani; si parla italiano, si fanno gli scherzi sulle stesse cose,
la cultura è la stessa, invece fare amicizia
con americani o magari scandinavi è sempre un po' più difficile, però ne vale
la pena.
Pian pianino riuscirò anche a entrare più in
contatto con i cinesi. La lingua sicuramente è uno scoglio, e la cultura anche
perché dal punto di vista della buona educazione o altre cose siamo molto
diversi, e c'è sempre un po' la paura di offendere l'altro, quindi non è così
scontato arrivare e farsi miriadi di amici del posto.
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Aeroporto Internazionale di Pudong |
Puoi raccontarci un episodio in particolare a proposito delle
difficoltà di comunicazione fra italiani e cinesi dovute alle differenze
culturali?
Ci sono piccoli
episodi quotidiani che fanno capire le differenze che creano imbarazzo. Ad
esempio, noi italiani quando riceviamo un regalo, lo apriamo subito per far
vedere che lo apprezziamo. I cinesi fanno il contrario, lo tengono chiuso e lo
aprono a casa. Avevamo invitato a pranzo, io e altre ragazze italiane, la
nostra maestra di cinese che si sarebbe trasferita per un periodo in Corea, e
le abbiamo fatto un regalino. Glielo abbiamo dato e lei lo ha messo via. La mia
amica le ha detto "guarda che lo puoi aprire", quindi c'era
l'imbarazzo da parte nostra perché non lo apriva e l'imbarazzo da parte sua che
ha dovuto aprirlo e se non le piaceva avrebbe dovuto fingere.
Oppure mi è capitato di abbracciare e baciare
una mamma di Taiwan che si sarebbe trasferita un periodo via per partorire e
lei si è irrigidita come un pezzo di legno; io mi sono resa conto che forse ero
stata troppo italiana in questo abbraccio. Sono piccole cose in realtà.
Oppure i cinesi e gli asiatici in generale,
piuttosto di dirti che non hanno capito o che non sanno una cosa, cercano di
fare lo stesso, con il rischio di fare dei casini pazzeschi. Dire "non ho
capito" o "non lo so" per loro significa perdere la faccia. Il concetto di perdere e guadagnare faccia
asiatico ti mette a volte in situazioni strane perché noi occidentali siamo
molto più diretti: se non ho capito o se non mi piace come ti sei comportato,
te lo dico. Per loro non puoi farlo e soprattutto non puoi farlo in pubblico, e
questo magari ti crea una chiusura definitiva da parte di quella persona.
Imparare
il cinese è difficile come dicono?
Il cinese
è difficile. È una lingua che si complica mano a mano che la impari. Il
cinese ha poca grammatica, quindi all'inizio sembra facile, invece poi si
complica perché per dare tutte le sfumature bisogna aggiungere particelle alla
frase che a seconda di dove le metti all'interno della frase hanno un diverso
significato. Quindi devi imparare tutto a memoria.
Inoltre è una lingua formata da pochissime
sillabe che formano le parole, quindi ha moltissimi sinonimi, tutti da
ricordare e difficilissimi da ricordare. Dei suoni diversi dalla nostra lingua.
Quindi secondo me è molto difficile, ci
vuole veramente tanto impegno e tanta passione per riuscire a parlarlo
decentemente. La scrittura non ti aiuta, perché è un altro capitolo molto
difficoltoso imparare a leggere e scrivere in cinese. È veramente un impegno.
Una
domanda pratica: come funziona la ricerca della casa per un expat in Cina?
Per la ricerca della casa, solitamente l'azienda mette in contatto con agenzie. Noi che non
avevamo l'azienda che faceva da tramite abbiamo contattato direttamente le agenzie,
un po' trovate a distanza tramite internet e un po' trovate lì, che ti fanno
vedere varie case. All'epoca c'erano parecchie agenzie che parlavano anche
inglese perché c'erano più espatriati e quindi più agenzie internazionali.
Adesso negli anni la presenza degli
espatriati è un po' calata, quindi è più facile trovare un'agenzia cinese
che magari riesce a trovare un amico che parla inglese e ti porta a vedere le
case.
Secondo
te da cosa dipende il calo del numero di espatriati in Cina?
La diminuzione generale degli espatriati
dipende da vari fattori. Dipende dall'inquinamento, molti espatriati non
vogliono più andarci; dipende dal fatto che la Cina non è più economica come una volta, quindi mandi un
espatriato se hai un bisogno specifico per il mercato cinese, non solo perché costa
meno in Cina. Dipende anche dal fatto che anche
le aziende cinesi stanno cercando di formare i manager cinesi per prendere
posizioni di rilievo, quindi cercano magari di non assumere più un
espatriato, o di assumerlo per un breve periodo, e di formare la gente del
posto.
Per quanto riguarda le aziende italiane, c'è un generale taglio di costi, per cui nella
filiale cinese si cerca di mettere personale cinese, perché l'espatriato che si
trasferisce con la famiglia per forza di cose ha un costo diverso rispetto a un
cinese che non ha bisogno della scuola internazionale o di altre cose del
genere.
Ci sono
dei posti particolari e meno conosciuti che consiglieresti di visitare?
Ci sono tanti posti che mi hanno colpito. La
stessa Shanghai mi ha colpito subito
la prima volta che ci sono stata per questo contrasto tra la modernità sfacciata e le casette e i vicoli che
sembrano di cento anni fa, con la gente che vive praticamente in strada.
Poi anche intorno alla città dove viviamo ci sono moltissimi posti belli: le città d'acqua, come le chiamano, che
sono città che si sviluppano sui canali.
Non abbiamo viaggiato moltissimo, perché con
tre bambini non è stato sempre facile, però siamo stati in posti molto belli
come al sud della Cina, dove ci sono le risaie
terrazzate. Un posto abbastanza famoso che secondo me merita una visita e si
chiama Guilin. Poi siamo stati in
grandi città, Hong Kong, Singapore, che non c'entra con la Cina ma merita una
visita. Però per quanto riguarda i posti più genuini, abitando lì c'è la
possibilità di prendere un autobus e finire in una zona un po' cinese, perché
la città è suddivisa in vari distretti. Quello dove viviamo noi è moderno, ma
ci sono anche i distretti più antichi e lì è facile ritrovarsi in una realtà completamente
diversa rispetto al quartiere moderno.
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Guilin vista dall'alto. |
La
commistione di antico e moderno nelle città sembra comune a molti paesi
asiatici. Secondo te da cosa deriva?
Secondo me loro
badano molto meno a preservare l'antichità rispetto a come facciamo noi in
Europa, quindi magari costruire un grattacielo accanto a una zona di case
tipiche non è sconvolgente come lo sarebbe per noi in Europa. Poi in Cina non
hanno ambientalisti, decidono di fare una cosa e la fanno, perché la decisione parte
dall'alto e così si fa. Quindi poi per forza di cose ci si ritrova con dei
contrasti, e purtroppo come sappiamo molte zone sono state rase al suolo. Per
fortuna dove vivo io c'è ancora un’ampia zona antica che nessuno osa toccare e
regala scorci molto molto belli, però nella
stessa Shanghai i posti antichi da vedere si contano sulle dita di una mano
e sono comunque immersi tra i grattacieli.
C'è più una cultura dell'andare avanti: se per
raggiungere un risultato bisogna passare su un antico quartiere, si fa. Adesso
pian pianino stanno sorgendo anche a Shanghai dei comitati che cercano di
preservare le antiche zone, però è un lavoro difficile, perché la modernità è secondo me quello di cui i
cinesi vanno più orgogliosi. Da come costruiscono i palazzi che poi la sera
sono pieni di luci, è evidente che sono fieri di questa modernità, forse più
che delle zone antiche che magari negli anni sono diventate anche un po'
degradate, quindi hanno perso un po' di fascino.
Voi siete
partiti per la Cina con due bambini. Come funziona l’adattamento dei bambini
come expats?
I bambini
più piccoli sono e più facilmente si adattano. Certo, ci sono momenti di tristezza,
tipo mia figlia ha pianto per un po' di tempo alla sera perché ricordava la sua
amichetta del cuore e le veniva nostalgia. Però quando iniziano con la scuola a
fare nuovi amici si adattano abbastanza in fretta. L'importante è che la
famiglia sia convinta e che la mamma e il papà non parlino con troppa nostalgia
davanti ai bambini. Bisogna aiutarli in
questa transizione con ottimismo, con serenità, facendogli vedere le cose
più positive, non dicendo magari "ah, quanto mi manca la nonna!" Se
la mamma fa così, è inevitabile che poi anche i bambini lo facciano, quindi bisogna
farsi forza anche se si ha nostalgia e cercare di puntare sui lati positivi.
Però ho visto dalla mia esperienza e quella delle altre mamme, di solito i bambini hanno una flessibilità
favolosa. Magari se sono più grandi è una fase un po' più delicata, ma
quando sono piccoli, fino ai dieci anni, sono veramente favolosi.
Pensi che
la scuola internazionale sia un grossa opportunità per i tuoi figli?
Senz'altro. Gli dà la possibilità di imparare
le lingue, di non considerare le persone in base alla razza, perché loro essendo in classe con bambini di tutto il
mondo imparano che la diversità è normale. Poi gli apre la mente e li rende
molto più indipendenti, proprio perché anche loro devono andare incontro a
sfide che magari nella scuola del paese, in Italia, non avrebbero motivo di
affrontare. Anche loro devono rendersi un po' più forti e questo li fa crescere
con una mentalità molto aperta.
Per
concludere, ci sono consigli che daresti a chi si prepara a vivere
un’esperienza di espatrio in Cina?
Il primo
consiglio è quello di contattare già dall'Italia qualcuno che abita lì,
italiano o straniero che sia. Creare già una piccola rete online di contatti
che poi magari serviranno per introdurci ad altri amici, ad altre persone,
perché il rischio di rimanere isolati ti fa intristire poi. Se hai già questo
ponte di conoscenze, qualcuno che ti può aiutare, è una gran cosa. Poi dipende da
com’è la persona, se è una persona avventurosa che non ha problemi a mangiare
cibo cinese magari in strada, magari non ha problemi.
Se invece è una persona che ama le cose sue di
casa, portarsi in valigia magari un pacco di pasta e un sughetto finché non si
capisce come funziona; soprattutto se si hanno bambini piccoli che hanno
bisogno di punti di riferimento gastronomici, portarsi un po' di cibo finché non si trovano i negozietti è
importante. Crearsi una rete prima secondo me è importantissimo, perché poi
alla fine è chi abita già lì che ti darà tutti i consigli, ti mostrerà le cose
più particolari, quei suggerimenti che solo chi abita può darti.
Potete inoltre seguire Antonella Moretti sul suo
fantastico blog CuCINAnto, ricco di
esperienze di vita e di preziosi consigli per chi si prepara a partire in Cina
come expat.
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